Paolo Pagani

Paolo Antonio Pagani (Castello 1655-Milano 1716)

Paolo Pagani nasce a Castello Valsolda il 22 settembre del 1655 da Angelo e Maddalena Paracca.
Tra i 12 e i 13 anni parte per Venezia per imparare un mestiere, quasi certamente presso parenti. Poco si conosce della sua formazione ma si sa che lavorerà come stampatore presso il pittore e incisore Giuseppe Diamantini, prima di incontrare il cesellatore Antonio Bonacina, abile disegnatore di nudi, e il pittore Pietro Liberi al cui stile farà riferimento per molte sue opere. Risiede stabilmente a Venezia, salvo rientri temporanei a Castello, e nel 1686 sposa, nella chiesa del Redentore alla Giudecca, Antonia Parecchiati che gli darà tre figli: Angelo Giulio, nato nel 1689; Angelo Antonio, nato nel 1694, e Guglielmo Pietro, nato a Castello nel 1697. Dei tre sopravviverà solo Angelo Antonio.
A Venezia Pagani viene attratto dalla corrente dei Tenebrosi di Langetti e Loth e concepisce quella che può essere considerare la sua prima opera: la Scena di Martirio (Martirio di S. Erasmo), già in Palazzo Molin a Venezia e oggi alla Galleria nazionale di Palazzo Spinola a Genova. A Venezia Pagani dipinge diverse tele che oggi si trovano in molte parti d’Europa, dalla Germania, fino alla Russia, anche se in laguna rimangono, però, solo due quadri ovali con le Storie di Abramo eseguite per Palazzo Salvioni di cui si sente l’eco della pittura di Louis Dorigny , in quegli anni attivo proprio a Venezia.
Nel 1690 Paolo Pagani parte da Venezia, in compagnia dell’allievo Antonio Pellegrini, per un lungo viaggio attraverso l’Austria, la Germania, la Moravia e la Polonia, portando con sé numerosi disegni preparatori per opere eseguite a Venezia e che eseguirà a Nord delle Alpi. Fortunatamente i disegni, che il Pagani donò prima del suo ritorno in Italia alla Biblioteca statale delle scienze di Olomouc (Moravia), sono in gran parte stati conservati e pubblicati.
Non si conoscono le sue opere eseguite a Vienna, su incarico dell’Imperatore Leopoldo I, ma si sa che nel 1692 viene chiamato dal Principe-Vescovo Karel Liechtenstein Castelcorn da Vienna a Kroměříž, (Moravia) per decorare di affreschi le sale del suo palazzo (purtroppo distrutte) insieme allo stuccatore ticinese Baldasar Fontana di Chiasso. Con il Fontana lavorerà nei locali delle Salae Terrenae, sempre nel palazzo del Vescovo, ancora oggi visibili (anche se rovinati). Nel 1694 si reca a Velehrad con Baldasar Fontana per decorare la chiesa conventuale i cui affreschi, anche se parzialmente ridipinti, sono ancora oggi in parte identificabili. Si sa che Pagani nel suo soggiorno moravo abbia lavorato in alcuni castelli come, ad esempio, quello di Mikulow e di Buchlovice, ma fino ad ora non è stata trovata traccia dei suoi affreschi, perché rifatti o distrutti. Così come non si è trovata traccia dei suoi affreschi nel castello di Osnabrück, nella bassa Sassonia, eseguiti per il Principe-Vescovo.
La sua carriera sembra legata a filo doppio con lo stuccatore Baldasar Fontana tanto che con lui si reca nel 1695 in Polonia per decorare, nella chiesa di Sant’Anna a Cracovia, la cappella di S. Sebastiano dove lascia uno splendido quadro che ritrae il martirio del Santo. Forse, proprio per ringraziare lo scultore ticinese, quando il Pagani tornerà in Italia, eseguirà per lui il quadro del Martirio di S. Vitale, che sarà posto nella cappella di famiglia nella chiesa parrocchiale di Chiasso dove il Fontana sarà sepolto nel 1733.
In Polonia, per ora, non si trovano tracce di altre opere del Nostro, ma in una scrittura autografa del 1701 Paolo Pagani dichiara di essere stato in Polonia al servizio della regina e che, dopo il suo temporaneo rientro in Italia per affrescare la volta della chiesa del suo pase natale, sarebbe di nuovo ritornato.
Il 26 marzo del 1696, il Pagani ritorna a Castello per affrescare la volta della sua chiesa di S. Martino con un capolavoro di pittura scenografica, fra i più interessanti del barocco in Lombardia. È di questi anni il suo intenso rapporto con il marchese Cesare Pagani di Milano, uomo politico molto influente soprattutto alle corti di Vienna, Madrid e Parma, che gli affida numerosi lavori per il suo palazzo milanese, procurandogli, peraltro, molte commesse. Così grande sarà la loro amicizia che il marchese sarà disposto a cedere la sua eredità ad Angelo, il figlio del pittore di Castello, poiché privo di eredi diretti. L’unica condizione per l’affiliazione sarà la dimostrazione della nobiltà di Angelo. È per questa ragione che Paolo Pagani metterà in scena un ritrovamento, nella ristrutturazione della propria casa di Castello, di alcune carte che lo dicono discendente di tre re d’Africa pagani, convertitisi al cristianesimo al loro arrivo in Italia. Una storia che, molto sapientemente, Pagani riprenderà nell’affresco di Castello che, mentre vuole rappresentare il percorso di salvezza dell’umanità dalla condizione pagana fino alla conversione e alla conquista del Paradiso, allude anche alla storia della sua famiglia. La vicenda della provata nobiltà del Pagani, non senza difficoltà di ordine legale, andrà comunque a buon fine nel 1712 e il sodalizio con il marchese Cesare durerà molti anni. Paolo Pagani farà la spola fra Castello e Milano con una intensa attività di pittore da cavalletto, dando vita a una grande produzione artistica che lo porterà anche a realizzare delle opere per la regina di Spagna Maria Anna di Neuburg: quelle per la chiesa del convento dei Cappuccini a Chiusa Val d’Isarco (1701-1702).
Sono del periodo degli affreschi di Castello alcuni capolavori fra i più significativi fra le sue opere, come il grande quadro della Discesa agli Inferi, di proprietà dell’Amministrazione Provinciale di Como, o il San Liborio della chiesa di S. Marco a Milano.
Pagani non si recherà più all’estero ma resterà a Milano, diventando uno dei pittori più ricercati della Lombardia. Terminerà la sua carriera con due grandi tele per la chiesa di Santa Maria del Giardino a Milano, ora alla parrocchiale di Uggiate Trevano, dedicate alla vita di Sant’Antonio e realizzate nel 1714-1715. Morirà a Milano il 5 maggio 1716 e sarà sepolto nella chiesa di Santa Maria del Giardino (oggi non più esistente) nel sepolcro destinato ai devoti di Sant’Antonio di Padova come lui aveva sempre desiderato.

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Bibliografia essenziale

M. Karpowicz, Paolo Pagani in Moravia e Polonia, in “Arte Lombarda” 98-99, 1991 (Barocco Lombardo-Barocco europeo, atti del convegno internazionale, villa Vigoni di Menaggio, 2-5 aprile 1990), pp. 103-117.
D. Pescarmona, Per l’attività di Paolo Pagani e i suoi rapporti con l’omonimo marchese Cesare, in “Arte Lombarda”, 98-99, 1991 (Barocco Lombardo-Barocco europeo, atti del convegno internazionale, villa Vigoni di Menaggio, 2-5 aprile 1990), pp. 118-126.
F. Bianchi (a cura di), Paolo Pagani, 1655-1716, catalogo della mostra (Rancate e Campione d’Italia), Milano, 1998.
A. Morandotti (a cura di), Paolo Pagani e i Pagani di Castello Valsolda, collana Artisti dei laghi. Itinerari europei, 5, Lugano 2000.
G. Mollisi, Paolo Pagani: dalla cappella di San Sebastiano a Cracovia alla volta di San Martino a Castello Valsolda, in “Artyści włoscy w Polsce”, a cura di J. A. Chrościcki, R. Sulewska, Warszawa 2004, pp. 237–264.